Nel IV Piano Nazionale d’azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva (predisposto dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e adottato con Decreto del Presidente della Repubblica il 31.08.2016) e nelle Linee di Indirizzo nazionali sull’intervento con le famiglie in situazione di vulnerabilità, si afferma la necessità di dare vita ad un continuum di servizi e interventi, basato sulla nozione di “bisogni di sviluppo dei bambini”, per costruire un sistema che veda ad un estremo i servizi/interventi rivolti a genitori e famiglie in cui i bambini sono in situazione di “normalità” (ma “visto da vicino nessuno è normale”, era scritto sul muro dell’ospedale di Trieste ai tempi di Franco Basaglia), fino all’altro estremo relativo ai servizi/interventi rivolti a genitori e famiglie in cui i bambini hanno bisogno di interventi specifici, quali sono i bambini in protezione fino ai bambini adottabili/adottati.
Nello specifico, le tre grandi aree di intervento ruotano intorno alle “tre P” dell’Educazione Familiare, che si basano sull’idea che va fatto ogni sforzo, in ogni contesto, per generare ben-essere famigliare, qualità della crescita e prevenire ogni forma di maltrattamento all’infanzia. Per questo, il loro perimetro può essere così definito:
Negli ultimi tempi, la terza P, quindi il tema della tutela dei bambini che vivono nelle famiglie più vulnerabili ci interroga sempre più insistentemente: in esso diventa evidente la centralità di un lavoro educativo e sociale rivolto a garantire il diritto del bambino a crescere in una dimensione famigliare (legge n. 149 del 2001, articolo 1). Il diritto del bambino alla famiglia supera l’antitesi fra tutela del minore e cura delle relazioni con la famiglia di origine, in favore di una corrispondenza, che trova la sua ragion d’essere nel fatto che, per aiutare un bambino, occorre aiutare i suoi genitori ad avere un buon legame di cura e affetto nei suoi confronti.
Accompagnare i genitori più fragili significa supportare anche gli operatori sociali nella realizzazione degli interventi. Il principio a “ogni bambino il suo progetto” permette agli operatori sociali di costruire con i bambini e le famiglie progetti di intervento efficaci, definiti nei tempi, produttori di cambiamenti concreti e misurabili: per questo il tema della qualità dei servizi e della valutazione dei processi e degli esiti sta entrando sempre di più nella nostra pratica di ricerca.
Ci piace questa espressione: pratica e ricerca sono due facce della stessa medaglia. La ricerca, soprattutto quella pedagogica, è inestricabilmente connessa all’intervento. L’intervento è il luogo in cui si apprende dalla realtà, se la ricerca si nutre di intervento, si ricongiunge al suo autentico fine: contribuire a migliorare la realtà stessa.
Ricerca-formazione-azione-servizio al territorio: sono questi i quattro cardini del nostro agire. É arduo, ma inevitabile voler provare a tenerli insieme nel nostro lavoro di ogni giorno.
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